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      Questa lira al tuo canto, a te soventeIl tuo destino e l'amor mio rimembri.
     
      Qui il Manzoni sembra certamente voler fare qualche allusione personale. È evidente ch'egli lascia rivolger la parola a Pindaro, perchè gli parrebbe cosa troppo vana ed orgogliosa obbligar le Muse a discendere dall'Olimpo per lui e augurargli di regnar solo in Olimpia. Se così è, noi dobbiamo riconoscere in questa giovine quercia olimpica, che un giorno regnerà sola, il Manzoni stesso, e domandargli chi possa nascondersi sotto la felce orgogliosa che ingombra intanto la via alla giovine quercia, ma che, in pena della sua temerità, vivrà un anno solo. Gl'indizii precisi od anco probabili ci mancano per arrischiarci a qualsiasi congettura. Osservo, invece, come una potente ragione segreta dovette determinare il Manzoni a compiere la sua prima formola poetica sentir e meditare, con un nuovo elemento che le mancava, la grazia. Il Manzoni vecchio diceva che l'arte deve aver per oggetto il vero, per fine l'utile, per mezzo l'interessante, ossia il bello. Il senso dei versi dell'Urania è il medesimo:
     
      .... sol qua giù quel cantoVivrà che lingua dal pensier profondo
      Con la fortuna delle Grazie attinga.
     
      Io dubito che l'amore abbia dettato que' versi, e che nell'anno 1807 il Poeta avesse già veduta la giovinetta che dovea l'anno seguente sposare. L'Urania, a malgrado della bellezza di alcune parti, riesce, tuttavia, un componimento freddo e stentato, a motivo specialmente della morta Mitologia evocata a velare più che a significare i sentimenti vivi e contemporanei del Poeta.


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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