Pagina (86/296)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Giace in sua lenta mole,
      Nè per mutar di secoliFia che riveggia il Sole
      Della sua cima antica,
      Se una virtude amicaIn alto nol trarrà;
     
      a questo punto il lettore s'arresta, perchè ha bisogno di ripigliar fiato, come l'avrà di certo ripreso assai lungo il Manzoni scrivendo, e questo riposo che l'autore ed il lettore sono obbligati a prendere dopo due strofe, non è atto troppo ad agevolare l'intelligenza di quello che deve seguire. Lasciando poi stare che non è mai venuto in mente ad alcuno, e al Manzoni meno che ad altri, che alcuna virtù amica possa immaginarsi di far risalire in cima d'un monte quel macigno che n'è precipitato, nessuno si sentirà disposto a commuoversi al pensiero poco dopo espresso che l'uomo, per il peccato originale, sia caduto nella condizione medesima di quel macigno che non può da sè risorgere a quell'altezza, onde la giustizia o la vendetta di Dio lo precipitò. La comparazione dal maggior numero de' lettori che declamano l'Inno del Natale, non è, per fortuna, intesa; si guarda alla similitudine e non all'oggetto comparato; se fosse intesa, più tosto che commuovere, quasi offenderebbe. Ed il Manzoni non era di certo commosso, quando intonava il suo Inno. Proseguendo, il Poeta s'infiamma nel suo canto mistico e trova parole eloquenti per esprimere alcuni alti concetti; ma il Bambino Gesù si vede poco, quel Bambino che nei rozzi canti popolari di Natale, i quali si sentono in Italia, in Francia, in Ispagna, si ode veramente piangere, ha freddo, è povero, è accarezzato, è venerato.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





Sole Manzoni Manzoni Dio Inno Natale Manzoni Inno Poeta Bambino Gesù Bambino Natale Italia Francia Ispagna