Come, a mezzo del cammino,
Riposato, alla foresta,
Si risente il pellegrinoE si scote dalla testa
Una foglia inaridita,
Che dal ramo dipartitaLenta lenta vi ristè;
Tale il marmo inoperoso,
Che premea l'arca scavata,
Gittò via quel Vigoroso,
Quando l'anima tornataDalla squallida vallea
Al Divino che tacea:
Sorgi, disse, io son con te.
Ma quando il Manzoni, nell'Inno medesimo, lascia stare i dogmi od i miti, per tornare a predicar semplicemente quella carità cristiana ch'egli sentiva già fortemente anche prima di mettersi nelle mani del suo confessore, quella carità ch'è principio, fonte, alimento d'ogni religione, il suo linguaggio torna semplice, naturale, eloquente. Nella festa della Pasqua, ossia nella risurrezione primaverile, tutto il mondo si rallegra e sorride, ed i Cristiani si danno il bacio fraterno del perdono, e siedono democraticamente ad una mensa comune; ma perchè tutti mangino, il ricco non deve mangiar troppo; onde il Manzoni ci canta:
Sia frugal del ricco il pasto;
Ogni mensa abbia i suoi doni;
E il tesor negato al fastoDi superbe imbandigioni
Scorra amico all'umil tetto;
Faccia il desco poverettoPiù ridente oggi apparir.
Nel Nome di Maria notasi non pure lo stento dei pensieri, ma ancora un certo stento di parole, non di rado antiquate(48); il Manzoni si ricordò forse troppo delle nostre antiche Laudi spirituali, e questo riuscì certamente l'Inno più cattolico del Manzoni. Ma il puro Cattolicismo non seppe mai inspirar nulla di grande; e se non si sapesse che il Manzoni non ischerzava mai con le cose sacre, si direbbe in alcune strofe ch'egli, anzi che scrivere un inno originale, volesse parodiare certi poeti classicheggianti.
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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