La madre del Manzoni, nell'aprile dell'anno 1820, scriveva a monsignor Tosi che il Manzoni preferiva "il soggiorno di Parigi a quello di Milano, per il gran ribrezzo che gli produce quella benedetta mania che si ha di parlare degli affari degli altri. Si ricorda di tante ciarle e di tante supposizioni fatte sul nostro viaggio; e qualche volta questa idea lo mette di cattivo umore:" Il malumore, o almeno un po' di malumore, penetra pure in alcuni versi del Conte di Carmagnola. Ma il sentimento cristiano e l'amor patrio vincono finalmente ogni altra cura. Il Manzoni assai più che il suo Conte di Carmagnola esplorava il suo tempo e cercava persuadersi ora che la salute d'Italia sarebbe venuta dalla Toscana, ora dal Piemonte.
Il Carmagnola, infatti, alludendo ai Fiorentini, dice:
A molti in menteDura il pensier del glorïoso, antico
Viver civile; e subito uno sguardoRivolgon di desìo, là dove appena
D'un qualunque avvenir si mostri un raggio,
Frementi del presente e vergognosi;
e al suo Piemonte belligero fida, con la propria, la vendetta d'Italia:
Voi provocate la milizia. Or sonoIn vostra forza, è ver; ma vi sovvenga
Ch'io non ci nacqui; che tra gente io nacquiBelligera, concorde; usa gran tempo
A guardar come sua questa qualunqueGloria d'un suo concittadin, non fia
Che straniera all'oltraggio ella si tenga.
Ma, in pari tempo, nelle parole che Marco rivolge all'amico suo il Conte di Carmagnola, ritroviamo la prudenza manzoniana; si direbbe che Marco sostiene presso il Conte quella parte medesima che il Fauriel presso il Manzoni; è l'amico Fauriel, al quale la tragedia è per l'appunto dedicata:
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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