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      Il Nostro si dolse, certamente, seco stesso di non aver potuto far nulla per la patria e di dovere nascondere il suo potente ed inspirato Inno rivoluzionario dedicato a Teodoro Koerner, e, per amore della famiglia, evitare ogni imprudenza. S'io non m'inganno, è il Manzoni del 1821 che parla in questi versi posti in bocca ad Adelchi:
     
      Il mio cor m'ange, Anfrido; ei mi comandaAlte e nobili cose; e la fortuna
      Mi condanna ad inique: e, strascinato,
      Vo per la via che non mi scelsi, oscura,
      Senza scopo; e il mio cor s'inaridisce,
      Come il germe caduto in rio terrenoE balzato dal vento.
     
      Il Manzoni fu sempre un po' repubblicano; se ne lagnavano nel 1848 il Giusti e l'Azeglio, quando lo vedevano diffidar troppo delle promesse del re Carlo Alberto. E da repubblicano, con poca verosimiglianza storica, egli faceva parlare il moribondo Adelchi al re Desiderio suo padre:
     
      Gran segreto è la vita; e noi comprendeChe l'ora estrema. Ti fu tolto un regno;
      Deh! nol pianger; mel credi. Allor che a questaOra tu stesso appresserai, giocondi
      Si schiereranno al tuo pensier dinanziGli anni, in cui re non sarai stato, in cui
      Nè una lagrima pur notata in cieloFia contra te, nè il nome tuo saravvi
      Con l'imprecar de' tribolati asceso.
      Godi che re non sei, godi che chiusaAll'oprar t'è ogni via; loco a gentile,
      Ad innocente opra non v'è; non restaChe far torto, o patirlo. Una feroce
      Forza il mondo possiede e fa nomarsiDritto; la man degli avi insanguinata
      Seminò l'ingiustizia; i padri l'hannoColtivata col sangue; e omai la terra


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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