comodo.
La questione della lingua non è punto nuova in Italia; essa è nata, si può dire, con la nostra letteratura. Merito principale del Manzoni fu d'avere ricominciato a trattarla nazionalmente, con quella stessa serietà, con la quale l'aveano posta nel Trecento e nel Cinquecento il primo poeta e il primo prosatore d'Italia, Dante e il Machiavelli. Il merito dovea parere tanto maggiore nell'anno 1824, quando il Manzoni s'accinse la prima volta di proposito allo studio della lingua italiana, poichè Vincenzo Monti con la Proposta e gli Accademici della Crusca coi loro illustri e minuti battibecchi facevano anzi nuova mostra infelice, con meschini dispetti provinciali, dell'antica e funesta discordia italiana. Il Manzoni poi, lasciando stare le questioni minori, prese, come suol dirsi, il toro per le corna, si domandò se lingua c'era, dov'essa era migliore, e quando la fiorentina si riconoscesse migliore, richiese che quella sola si studiasse e adottasse per farne la lingua di tutti gl'Italiani. Il ragionamento pareva molto ovvio e semplice; il Manzoni aveva rinnovato il miracolo dell'uovo di Colombo. Ma quando tutti ebbero capito quello che prima non capivano, pur volendo mostrare di saperne di più, invece di convenire che egli avea ragionato bene, si voltarono contro di lui come contro un sofista che, invece d'allargare la questione, l'avea ristretta troppo. Ma egli aveva ragionato anche questa volta da unitario. Egli ammirava forse nella storia più Firenze che Roma, e si sarebbe contentato che la sede del Regno d'Italia rimanesse in Firenze anzi che trasferirsi a Roma, la quale in ogni modo desiderava di gran cuore ridonata all'Italia libera dal dominio temporale de' Papi.
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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