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      Quindi il Manzoni si ritrasse, in que' giorni pieni di sospetti e di denuncie, da Milano a Brusuglio, ove per tutto il tempo che durarono i processi politici, non cessò di temere. Non mai la poesia politica italiana aveva spiccato il suo volo così alto. Vi è una grande serenità e tranquillità in tutto l'Inno; ma quella pace sarebbe stata tanto più minacciosa ai tedeschi dominatori, se allora essi avessero potuto prenderne notizia. Col dedicarla poi nell'anno 1848 a Teodoro Koerner, il Manzoni che, come s'è detto, avea avuto la fortuna d'essere stato compreso e consacrato dal Goethe(57) volle fare intendere alla Germania che egli sapeva distinguere il popolo tedesco da' suoi Governi tirannici; ben disse dunque il Carcano che quella dedicatoria era omaggio insieme e rimprovero alla nobile nazione che ci calpestava. Il ritrarsi del Manzoni a Brusuglio, se fu consiglio di prudenza domestica, non fu già una viltà civile. Egli non faceva all'Austria alcuna concessione. Egli non le abbandonava nulla. Egli avea cessato di sperare nell'opera immediata della rivoluzione, quindi ritirava il suo Inno per riserbarlo a tempi migliori. Ma intanto continuava a protestare, e dolersi del presente, a custodire tutte le sue speranze patriottiche dell'avvenire. La rivoluzione piemontese era fallita; di là dunque per il momento non c'era da attendere altro. Ma nessuno ebbe una fede più viva del Manzoni nell'opera del tempo. Ed egli continuò a scrivere anche ne' giorni più desolati come un uomo che spera.


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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