Così, nel Coro dell'Adelchi, scritto dopo che fallì la rivoluzione piemontese del 1821, tra gli altri versi vennero soppressi questi, ove l'Autore si rivolgeva agl'Italiani:
Stringetevi insieme l'oppresso all'oppresso,
Di vostre speranze parlate sommesso.
Ma il censore che si credeva furbo, lasciò passare nello stesso Coro questi altri versi, ove il volgo latino vedendo arrivare i Franchi guerrieri (si legga Buonaparte coi Francesi),
rapito d'ignoto contento,
Con l'agile speme precorre l'evento,
E sogna la fine del duro servir.
I Franchi, ossia i Francesi, arrivano contro i Longobardi, ossia contro i Tedeschi di Lombardia, contro gli Austriaci; ma, invece di liberare, portano in Italia una nuova tirannide, la tirannide napoleonica; e il censore si contenta che l'ultima strofa del Coro manzoniano dica così:
Il forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l'antico;
L'un popolo e l'altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti,
Si posano insieme su i campi cruentiD'un volgo disperso che nome non ha.
Era un canto di dolore, che dovea seguire naturalmente a quello tutto fiducioso che, nel marzo 1821, il Manzoni stesso avea composto, quando i congiurati lombardi aspettavano con ansia le novelle che l'esercito rivoluzionario piemontese avea passato il Ticino. Ma il censore non capì intanto che era l'Austria la rea progenie,
Cui fu prodezza il numero,
Cui fu ragion l'offesa,
E dritto il sangue, e gloriaIl non aver pietà,
e che con quelle parole il Manzoni vendicava finalmente nel 1822 i martiri piemontesi e lombardi della libertà italiana.
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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