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      Dopo il 1821, il Manzoni fece della Censura austriaca la propria alleata, per divulgare i suoi pensieri patriottici; prima di quel tempo, aveva, invece, anch'esso, se bene inutilmente, cospirato un poco. Ne' Cento Giorni, quando si temeva in Italia una nuova ristorazione della tirannide napoleonica, il Manzoni aveva, fra il 23 aprile e il 12 maggio 1814, composta una Canzone che si conserva inedita a Milano, diretta contro la signoria francese in Italia. Ne reco qui, per saggio, la prima strofa, la quale mi pare abbastanza significante pel suo particolare sapore manzoniano:
     
      Fin che il ver fu delitto, e la menzognaCorse gridando, minacciosa il ciglio,
      Io son sola che parlo, io sono il vero,
      Tacque il mio verso e non mi fu vergogna.
      Non fu vergogna, anzi gentil consiglio;
      Che non è sola lode esser sincero,
      Nè rischio è bello senza nobil fine.
      Or che il superbo morsoAd onesta parola è tolto alfine,
      Ogni compresso affetto al labro è corso;
      Or si udrà ciò che sotto il giogo anticoSommesso appena esser potea discorso
      Al cauto orecchio di provato amico.
     
      Dopo il 1822, il Manzoni giudicò cosa più prudente e più pratica il confidarsi tutto all'ignoranza de' suoi censori. Quando il 5 maggio 1821 morì Napoleone, il nostro Poeta si trovava a Brusuglio. Parve a sua madre che quella morte sarebbe stata degno soggetto di un suo canto. Il Manzoni si raccolse brevemente in sè stesso, e bastarono sole ventiquattro ore ad ispirargli una delle più belle liriche del nostro secolo, nella quale il soggetto epico trae pure calore lirico dalle impressioni stesse che il poeta aveva ricevute nella sua gioventù alla vista di Napoleone.


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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