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      Ma la letteratura italiana gli deve molto più, per avere il Manzoni con l'autorità del suo nome e con la prova vivente ed immortale d'un capolavoro avvezzata la lingua ad uno stile così facile, così chiaro, e, ad un tempo, così virile e sostenuto, da rendere impossibile il ritorno alle viete forme accademiche e scolastiche, alla nostra stilistica tradizionale e così detta classica, senza pericolo di cadere nel ridicolo.
      Dalla descrizione che il Manzoni ci fa della libreria di Don Ferrante ne' Promessi Sposi, rileviamo che quest'uomo enciclopedico (mettendogli solamente dappresso il piemontese Botero) prediligeva sovra tutti un autore "mariuolo sì, ma profondo," il Machiavelli, di cui non si stancava di leggere e di ammirare il Principe e i Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio. C'è da scommettere che una parte dell'ammirazione di Don Ferrante non andava al pensatore ed al politico unitario,(65) ma allo scrittore, il quale nella prosa non fu superato fin qui da alcuno, ma emulato dal solo Manzoni, il quale partecipava senza dubbio in proposito dell'opinione di Don Ferrante. Qual merito maggiore per uno scrittore che la sua virtù non solo di dir molto in poco, ma di dire facilmente le cosa difficili, l'arte di far diventare universali le idee più elevate ed originali? E bene questa virtù, quest'arte il Manzoni possedette, come autore de' Promessi Sposi? in grado supremo e singolarissimo. Sotto questo aspetto, la sua prosa è la più democratica che sia stata scritta in Italia.


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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