Questo aneddoto è autentico; il Manzoni stesso lo fece conoscere a' suoi amici, e dalla bocca di questi lo Stoppani lo raccolse. È evidente la rassomiglianza di questo curato con Don Abbondio(68); ma per formarne quel tipo che riuscì, occorreva il concorso di un genio, e la conoscenza de' materiali, dei quali il Manzoni si servì, giova soltanto a mostrare che i grandi poeti son quasi come Domeneddio, poichè, con l'attenuazione di un quasi, creano anch'essi opere divine, ex nihilo.
Storico è pur troppo il personaggio della Geltrude, la Monaca di Monza; ma quando il Manzoni ne lesse la storia, per tornare a colorirla potentemente gli giovò il ricordarsi la zia ex-monaca, già da me ricordata, la quale ebbe cura ch'egli imparasse la musica, il ballo, forse pure la scherma, su per giù come quel Lodovico, a cui il padre fece dare un'educazione "secondo la condizione de' tempi e per quanto gli era concesso dalle leggi e dalle consuetudini; gli diede maestri di lettere ed esercizii cavallereschi, e morì, lasciandolo ricco e giovinetto."
Ma, senza i frequenti richiami de' tipi manzoniani alla vita dell'Autore e a' suoi conoscenti, che accrescono vivacità o naturalezza alle sue mirabili ipotiposi, per tacere de' casi, ne' quali egli nomina direttamente o sottintende troppo chiaramente i suoi amici Giovanni Torti e Tommaso Grossi, di cui loda i versi "pochi e valenti" di cui raccomanda, con molta industria, la diavoleria ch'egli stava scrivendo a Brusuglio, ossia il poema de' Lombardi alla prima Crociata, i Promessi Sposi sono pieni zeppi di osservazioni maliziose tutte manzoniane, traendone talora materia dalle occasioni più impensate.
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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