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      Chi mi sa dire se egli non l'abbia compiuto in uno stato di opinione molto diverso da quello, in cui l'ha cominciato?" Dopo aver censurato i caratteri de' Promessi Sposi, trovato Renzo, per un villano, troppo gentile, Lucia priva di carattere, troppo poco villana, Agnese pesante, avvertito che il cardinal Federigo compare troppo tardi, che l'Innominato si converte troppo presto, dice: "Quel della Signora sarebbe più individuale e più vivo, se l'Autore, come la pubblica voce afferma, non avesse per eccesso di delicatezza troncata la parte de' suoi traviamenti;" trova Don Abbondio quasi noioso, perchè troppo simile a sè stesso; il lepore manzoniano gli sa talvolta "del mendicato e del picciolo."
      E qui, nel tempo stesso che l'accusa, vuole parer di scusarlo, accusandolo un po' di più: "Se non che (scrive il Tommaseo) da un uomo che segue con amabile semplicità i miti impulsi del suo bel cuore e del suo raro ingegno, non è poi da esigere un freddo rigore in seguire quella certa convenienza di tuono, ch'è così facile a degenerare in sistema, ed a farsi monotonia. Egli è lecito però l'affermare, che nel tuono di questo libro domina insieme col vasto non so che di vago, che alla fin fine potrebbe essere il difetto di chi si abbassa a soggetti minori della propria grandezza. Perchè se quel libro è fatto pel volgo, è tropp'alto; se per gli uomini colti, è tropp'umile. In questo libro sarebbe a desiderare un far più svelto e più franco. La modestia dell'Autore si spinge, se è lecito dire, talvolta sino a diventare orgogliosa.


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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze
1879 pagine 296

   





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