Sia storia o storiella, questo racconto esprime, in ogni modo, il sentimento vivissimo che il Manzoni aveva, senza dubbio, del panorama incantevole ch'egli aveva più volte, essendo fanciullo, ammirato dal suo Caleotto. Si direbbe che di là tutti i luoghi principali de' Promessi Sposi non solo s'abbracciano con gli occhi, ma si pigliano, per così dire, con le mani. La viottola, per la quale passeggiava Don Abbondio, la chiesa d'Acquate, la casa di Agnese e di Lucia, la palazzina di Don Rodrigo, il Resegone, il convento di Pescarenico, il passo del Bione, le rovine del supposto castello dell'Innominato, tutto si spiana alla vista di chi contempli la scena ridente e svariata dal Caleotto. Chi visita ora que' luoghi li trova certamente bellissimi; ma bisogna proprio visitarli per vedere coi proprii occhi, con piena evidenza, quale meraviglioso artista, quale stupendo poeta anche scrivendo in prosa siasi rivelato il Manzoni(74). Nessuno che legga i Promessi Sposi in vista d'Acquate troverà una sola linea che si discosti dal vero; ma la poesia di quel vero prima di lui l'aveva forse sentita in parte qualcuno, egli la sentì e la espresse tutta; ecco dunque, in qual modo il Manzoni è stato verista; ecco in qual modo io vorrei pure che lo diventassimo noi tutti, imparando nel tempo stesso da lui a fare molto con assai poco e non viceversa assai poco con molto. Di montagne come il Resegone se ne trovano certamente in Italia parecchie altre; ma quella è la montagna d'Acquate, cioè del villaggio, ove Renzo e Lucia son nati e cresciuti; tutti i loro ricordi, tutti i loro affetti sono là, ma un signore prepotente viene a cacciare dal loro tetto, dal loro nido e disperde nell'esiglio i giovani fidanzati; allora il Resegone appare più bello, più grande, più poetico di tutti gli altri monti, perchè quel monte vuol dire ai fuggiaschi la patria; ed ecco, in qual modo naturale, il Manzoni converte l'addio di una povera contadina al suo villaggio in un vero inno commovente dell'esule italiano alla patria.
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Alessandro Manzoni
Studio biografico
di Angelo De Gubernatis
Le Monnier Firenze 1879
pagine 296 |
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