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      Infatti, che importa che tre stelle separate e lontane l'una dall'altra, abbiano una luce complessiva maggiore di un'altra stella, quando questa appunto per la sua maggiore forza luminosa concentrata in un sol punto arriva ad impressionare l'occhio?
      Cogli strumenti si aumenterà la potenza visiva, ma anche per questi vi sarà un limite, oltre il quale gli spazi, fra stella e stella sembreranno neri e privi di stelle, anche se vi saranno, come non si può dubitare, altre miriadi di stelle, ma tanto lontane da non essere sensibili agli strumenti più potenti e più perfezionati.
      Se ciò vale per la luce, a più forte ragione deve valere per l'attrazione, la cui influenza cessa anche per le stelle più vicine.
      Ecco perchè non si può escludere che le stelle possano essere anche infinite.
      Noi ci troviamo di fronte a due infiniti: l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo: il voler limitare l'Universo all'ammasso luminoso di stelle e di nebulose da cui siamo circondati, è gretto ed artificioso: come è gretta l'idea che la dotazione di energia sia limitata alla quantità di cui sono dotate le stelle a noi visibili.
      Questo è il problema che più preoccupa gli studiosi e formerà argomento principale delle pagine seguenti.
      Dove ha origine l'energia degli astri, e che avviene di quella che dagli astri incessantemente emana e irradia negli spazi? È essa perduta per sempre, o vi ha un processo pel quale essa venga raccolta e di nuovo utilizzata?
      L'idea dominante è che l'Universo, quale lo vediamo, abbia avuto un principio e debba avere inevitabilmente un fine per la dissipazione dell'energia per la quale, secondo ogni apparenza, manca qualunque possibilità di ricupero.


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Lo spirito dell'universo
di Olinto De Pretto
Bocca Torino
1921 pagine 268

   





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