Questa propagazione delle vibrazioni dell'etere alla materia, questo passaggio e diremo anche questo scambio continuo di energia, non dovrebbero aver luogo senza una perdita negli urti e negli attriti.
Abbiamo paragonato la materia al volante di una macchina a vapore, che essendo in rapido movimento, tiene immagazzinata per l'inerzia una notevole quantità di forza viva. Ma il volante se non fosse continuamente sollecitato dalle spinte della manovella, abbandonato a sè stesso, andrebbe rapidamente perdendo la forza viva accumulata, che verrebbe assorbita dall'attrito dei perni e dalla resistenza dell'aria.
Anche per ciò il paragone della materia col volante deve ritenersi esattissima. Nei suoi rapidi movimenti vibratori la materia rappresenta ingenti quantità di forza viva, ma tali movimenti possono persistere finchè sono mantenuti e contenuti dall'etere; deve esservi anche in questo caso una perdita di energia paragonabile alla forza viva assorbita dall'attrito dei perni del volante.
Ma a che cosa si risolve l'attrito dei perni; sotto quale forma passa la forza viva che era accumulata nel volante?
Essa si trasforma in calore, che si rende manifesto se si trascura la lubrificazione dei perni.
Altrettanto deve ritenersi che avvenga dell'energia che viene assorbita negli attriti della materia e che deve trasformarsi in calore.
Tale conclusione è, come facilmente si può immaginare, di straordinaria importanza, poichè offre probabilmente la chiave di fenomeni rimasti finora inesplicati.
Ma, evidentemente, la compagine della materia coi suoi movimenti rappresenta un meccanismo troppo delicato e perfetto perchè si possa ammettere che abbia luogo una notevole perdita di forza ed è invece da ritenere che solo una frazione per così dire infinitesima di tutta l'immensa somma di energia in giuoco nel movimento intimo dei corpi, venga assorbito dagli attriti.
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