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      Da tanto lavorìo intimo nella compagine dei corpi hanno origine tutte le proprietà e tutti i fenomeni che caratterizzano ed animano la materia: le proprietà fisiche e chimiche, l'elettricità, il magnetismo, la radioattività, ecc., sono il frutto di un lavoro e di un consumo di energia costantemente fornita dall'agente universale: l'etere.
      Ebbene: come si potrà ammettere che tanto lavoro e tanta attività, possano manifestarsi senza che abbia luogo, come avviene per tutti i fenomeni in generale, uno sviluppo, anche pur tenuissimo, di calore?
      Certamente, nessuno avrà mai pensato, e la cosa non è forse facile a dimostrarsi praticamente, che un corpo qualsiasi possa avere nel suo interno una sorgente, sia pure lievissima, di calore, completamente indipendente dalle solite cause e dalle solite sorgenti.
      Ma se il fenomeno, per la sua tenuità, potrà passare inavvertito per i corpi di limitate dimensioni, dovrà invece rendersi manifesto quando l'ammasso di materia assuma proporzioni vaste.
      Il progressivo aumento di temperatura che si riscontra nell'internarsi nelle viscere di una montagna o che ritroviamo quanto più ci affondiamo al disotto della superficie terrestre, aumento di temperatura che si è sempre spiegato con la teoria del fuoco centrale, sarebbe per avventura dovuto ad una causa del tutto opposta, proveniente cioè dall'esterno, in virtù delle resistenze offerte dalla materia alle vibrazioni dell'etere?
      Io non voglio certo escludere l'elevata temperatura del nucleo terrestre, ma avvenendo uno sviluppo di calorico come conseguenza dell'attrito fra la materia e l'etere e data l'enormità dell'ammasso di materia rappresentato dal globo terrestre, è certo che tale calorico dovrà ritenersi di qualche entità, ed in tal caso la progressione della temperatura che si riscontra colla profondità, dovrebbe riscontrarsi ugualmente anche indipendentemente dal calore centrale e cioè anche se sussistesse unicamente la sorgente calorifera ammessa dalla nostra ipotesi.


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Lo spirito dell'universo
di Olinto De Pretto
Bocca Torino
1921 pagine 268