Essa non parte dalla materia nebulosa già formata, ma risale all'origine di tutte le cose, alla fonte istessa dell'energia e della materia: all'etere, poichè ammette che soltanto lo spazio e l'etere con l'energia di cui è animato, siano veramente eterni, mentre la materia con tutti i suoi caratteri non sarebbe, per così dire, che un'accidentalità dello stesso etere, che forse un tempo nemmeno esisteva e che potrebbe cessare d'esistere.
Anche la nostra ipotesi deve ammettere che incominciando dalle nebulose per giungere alle stelle, tutta l'energia che irradia sotto forma di luce e di calore abbia la sua immediata sorgente nella concentrazione della materia; anzi, nel nostro caso il disperdimento di energia incomincierebbe assai prima, cioè già quando avviene la supposta concentrazione dell'etere in materia nebulare. Ma ammette poi che ad un certo punto subentri una nuova fase che avrebbe principio quando la materia sia sufficientemente concentrata e meglio ancora quando, nelle stelle, incominci a formarsi il primo nucleo liquido. Allora, per la resistenza che la materia concentrata oppone alla libera propagazione delle vibrazioni, avviene che una porzione dell'energia dell'etere è assorbita dagli attriti e si ha una nuova sorgente di calore, che si manifesta coll'innalzamento della temperatura della materia, cioè dell'astro.
In tal modo si può dire che il calore sarebbe un prodotto necessario dei grandi e densi ammassi di materia. L'energia dell'etere che liberamente può penetrare fin nel più interno degli astri, una volta trasformata in calore non può uscirne che propagandosi attraverso la materia per conduttività, cioè assai più lentamente, e perciò il calore può lentamente accumularsi.
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