(De Lapparent, op. cit., pag. 884).
Secondo Lasquereux55, i due quinti della flora carbonifera di America sono comuni con quelli del vecchio mondo. Lo Spitzberg, le Indie orientali, la Cina, l'Africa Australe, il Brasile offrono nei sedimenti carboniferi delle specie europee. Regnava adunque allora nel globo una uniformità di condizioni quasi assoluta. Una simile uniformità di clima si riscontra anche in periodi geologici molto più recenti.
Infatti si trovano depositi lignitiferi dell'eocene, con piante fossili di climi caldi ad Atanekerdluk in Groenlandia al 70° grado; così al Canadà, in Islanda e ancora molto più a nord, nell'Isola degli Orsi e nello Spitzberg (De Lapparent, pag. 1260).
Mi limito a questi esempi senza diffondermi ulteriormente: non occorre di più del resto per giustificare l'opinione che nell'epoca carbonifera, non solo, ma anche nell'epoca terziaria, regnassero temperatura calda e condizioni uniformi dall'equatore ai poli.
Tale uniformità di temperatura, riconosciuta e accettata da tutti i geologi, si tenta spiegarla con l'influenza diretta della temperatura propria della Terra, la quale doveva essere allora più calda e con una crosta più sottile. Ma dato che ciò bastasse per spiegare la maggior temperatura, vi ha una difficoltà più grave da vincere, quella della luce, che è altrettanto necessaria del calore per la vegetazione e che deve ammettersi quasi uniforme dall'equatore ai poli, il che è molto più difficile. Per tentare una spiegazione della luce uniforme si ricorre dai geologi ed astronomi all'ipotesi di un Sole nebuloso molto più grande e dilatato, di un Sole cioè più giovane, in via di formazione.
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