Andrea Ludovisi lo sapeva, e il suo disprezzo per quell'uomo non faceva che crescere. Malgrado lo evitasse come una disgrazia, una specie di fatalità volle che egli si trovasse presente il giorno che Sammartino, in pieno caffè, insultò atrocemente il nome della baronessa di Fastalia.
Si parlava delle prossime villeggiature, e si enumeravano le signore che sarebbero fra poco andate via; qualcuno annunziò la partenza della baronessa.
- Una di più, una di meno!... - disse il Sammartino, scuotendo la cenere del sigaro col mignolo, dove luccicava un grosso brillante. - A Napoli non ne mancano, delle donne della sua risma!
Bisogna dire che Andrea Ludovisi non conoscesse ancora la forza d'animo di cui disponeva, o che piuttosto l'amore lo avesse trasformato, se egli fu capace, lì per lì, di non aggrottare neanche le ciglia a quella sferzata. Ma il sangue gli bolliva nel cuore, le sue mani avevano contratto un tremito irrefrenabile, la sua mente si era smarrita, nè egli rientrò in uno stato di calma relativa se non prima, con un pretesto abilmente colto, ebbe il destro di provocare l'insultatore.
Recatosi dal duca di Majoli perchè lo assistesse, ne aveva avuto un rifiuto, amichevole, ma reciso.
- Io conosco il motivo per cui ti batti - gli aveva detto il duca. - Bada; tu sei sopra una falsa strada. Vuoi difendere qualcuna, che tu riuscirai invece a compromettere orribilmente....
Era troppo tardi. Il duello ebbe luogo egualmente; il cavaliere di Sammartino, tiratore di primo ordine, fu ferito leggerissimamente alla mano.
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