Un nuovo silenzio. E, a un tratto, echeggiarono i primi accordi della marcia del Faust.
- Alla spada e a discrezione del ferito, - disse il barone De Falco.
- Sta bene. Ciascuno porterà le proprie armi; si tirerà a sorte.
- Hanno in vista un locale?
- A Villa Bisani, a Portici.... se loro accomoda.
- A meraviglia. Allora, per domani?
- Senza dubbio.
- Alle sei del mattino?
- Alle sei.
Come ebbero preso congedo dai rappresentanti avversarii, il duca di Majoli e Vittorio Giussi scesero al caffè, in quell'ora popolatissimo. Si guardarono attorno, a lungo, attentamente; Andrea Ludovisi non c'era.
- Cerchiamo dalla parte della musica, - disse il Giussi.
Dopo pochi passi, sotto la viva riverberazione dei fanali elettrici, esclamò:
- Eccolo lì.
Fermo accanto alla victoria, col bastone dal manico d'argento sotto l'ascella, infilando lentamente un guanto, Andrea Ludovisi conversava con la baronessa di Fastalia, che si sporgeva verso di lui con dei movimenti d'una eleganza lenta e squisita.
Vittorio Giussi si avanzò, col cappello in mano.
- Se la signora baronessa permette, il duca avrebbe da dirti qualcosa di urgente.
- Facciano pure, facciano.... E quella risposta, Ludovisi, quando me la date?
- A momenti, signora baronessa, se ella non va via....
E come i due amici si avanzavano, il duca di Majoli li raggiunse.
- È tutto fatto. Domani, alle 6, tienti pronto.
- La spada?
- La spada.
Andrea Ludovisi trasse un sospiro di sollievo.
- Grazie! Mi volete ora aspettare cinque minuti?
E andò a raggiungere la carrozza della baronessa.
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