Come?... ancora?... perchè?... Le domande mi si affollavano alla mente. Non domandai nulla. Dissi: «Sia pure....»
Come la vidi allontanarsi, mi slanciai contro di lei. Volevo almeno abbracciarla un'ultima volta, volevo almeno vederla, se partiva per sempre.... Ella dette un grido, chiamando al soccorso. Due guardie, rimaste in sala, comparvero.
Come vidi le guardie in casa mia, corsi al tavolo, afferrai il revolver, l'uccisi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Questo direi ai signori giurati, se l'avessi uccisa. Io non l'ho uccisa, l'ho vista andare via per sempre, vivo da lunghi giorni nel deserto di questa casa ancora tutta odorante di lei, apro ogni tanto l'album che racchiude il suo ritratto, lo bacio e piango.»
IL RITRATTO DEL MAESTRO ALBANI.
Mentre Anastasio Natali dava gli ultimi tocchi al suo quadro della Ginestra - un orrido e deserto paesaggio vulcanico, tutto asperità, crepacci, lastroni, fra i quali, a mazzi, a ciuffi, a boschetti, i gialli fiorellini mettevano come una nevicata d'oro - la tenda che mascherava l'uscio d'entrata fu rimossa, e la figura del maestro Albani apparve a metà.
- È permesso?
- Avanti.
L'Albani entrò, col cappello in mano; si avvicinò rapidamente al cavalletto, e dato uno sguardo alla pittura, disse:
- Bellissimo, perfetto, meraviglioso, sublime.
Nel pronunziare questa progressione di aggettivi ammirativi, la sua voce non era salita di un tono. Con maggiore espressione si sarebbe detto: Buon giorno, ti saluto; stai bene?
Come restava lì, impalato, dietro le spalle del Natali, questi cominciò a soffiare, e abbassando pennelli e tavolozza:
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Anastasio Natali Ginestra Albani Albani Buon Natali
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