- A noi due, stravagante; ho un'ora perduta, e se mi prometti di star buono e di lasciare in pace il teschio, ti butto giù un pastello.
- Vorrà essere una cosa molto originale.
Il Natali mise a sedere l'amico, dispose il cartone sopra una tavoletta, prese la scatola dei pastelli, sedette anche lui, e cominciò a tracciare, con la sua febbrile impazienza di meridionale nervoso, le prime linee. Però, a misura che il suo lavoro avanzava, l'attività dell'artista andava rallentando. Ora egli si fermava ad ogni tratto, buttava il corpo indietro per giudicare dell'effetto, guardava lungamente il modello, e aveva un piccolo aggrinzamento delle guancie che dimostrava chiaramente il suo malcontento.
- Scusa, tirati più indietro.... no, più avanti.... Alza un poco il capo.... così.... no, come prima.
Tornato al lavoro, ricominciarono le sue esitazioni. La figura era già tutta abbozzata, la rassomiglianza in certo modo conseguita; mancava una cosa soltanto: l'espressione.
- Apri un po' gli occhi.... non così, più chiusi.... insomma, non ti sforzare.... E chiudi la bocca, se no c'entreranno le mosche!...
A poco a poco, il Natali cominciava a indispettirsi; gli pareva che Luigi Albani si prendesse giuoco di lui.
- Insomma, vuoi star composto, o mando tutto per aria?
- Ti prego di credere che sono compostissimo.
Ed era quello, dunque, il suo atteggiamento naturale? Dacchè era tornato da Roma, il Natali non aveva ancora guardato l'amico così attentamente; non aveva ancora esaminati quegli occhi smorti, senza sguardo, quei muscoli flaccidi, quasi cascanti, quelle labbra leggermente dischiuse, quella carnagione scialba, quell'aria di stanchezza, d'indifferenza, di noia, di vacuità diffusa sopra una fisonomia impossibile a definire.
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