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      ... Il mio scontento, l'irrequietezza, l'aspirazione a qualcosa d'aspettato, di quasi promesso, ma che non veniva ancora, diventava tormentosa. Intorno a me, non sentivo parlare che di una cosa, del solo grande affare della vita: l'amore.... E l'amore io non lo conoscevo se non di nome o nelle fanciullaggini dei quindici anni....
      Preso dall'interesse della narrazione, Anastasio Natali aveva dimenticato il suo disegno, e coi gomiti sulle ginocchia e la testa fra le mani, pareva pendere dalle labbra dell'amico.
      - L'affetto di mia moglie - riprese l'Albani - mi irritava, come una delusione, come una catena; non era mai stata bella, la maternità l'aveva sciupata. Gli strilli dei bambini m'impedivano di studiare, le poche volte che ne avevo voglia. L'arte mi pareva una finzione suprema. Avevo già pronto il libretto di un gran melodramma, Isaura di Valenza; non sapevo intanto mettere una nota dopo l'altra. Quella poesia mi faceva l'effetto di una convenzione, di una menzogna, di una ipocrisia.... Quando, un giorno, mi capitarono fra le mani i versi dell'Attesa, ti ricordi?
     
      Ora dove sei tu, predestinata,
      Da tanto attesa e non trovata ancor?
     
      Un lampo era passato negli sguardi del maestro Albani. Il Natali, senza far rumore, si era alzato, aveva scelta una tela e dispostala sul cavalletto si era nuovamente seduto dinanzi ad esso con la tavolozza passata al pollice della mano sinistra.
      - Sì che me ne ricordo! - e, preso posto dinanzi al cavalletto, si era messo di nuovo a studiare la figura dell'amico.


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Documenti umani
di Federico De Roberto
Treves Milano
1888 pagine 229

   





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