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      ... E mi mettevo al pianoforte; ma le idee si confondevano, una nausea mi vinceva, non ero buono a nulla; e davo dei pugni sui tasti, delle pedate allo strumento, e stracciavo rabbiosamente stampe e manoscritti... La gente che mi attorniava raddoppiava d'insistenze, diceva delle menzogne: che ella era indegna dell'amor mio! che ella mi tradiva!... Non mi davano più pace: una persecuzione!... Come non capivano che facevano peggio? Che cosa volevano da me? Non mi importava di perdere l'ingegno, non m'importavano i suoi tradimenti, come dovevo dirlo?... E, infine, chi erano tutti costoro?... Fuori!... via!... io non li conoscevo, non sapevo che farmi di loro; ella mi aspettava, comprendevano o no!... Un giorno, arrivò mia madre. Appena mi ebbe visto, scoppiò in pianto. Anche lei?... Perchè era venuta! Chi l'aveva chiamata? Chi aveva bisogno di lei?... Afferrata al mio braccio, ella cercava di trattenermi; io la urtai, violentemente.... Della gente mi afferrò; mi dibattei, detti dei morsi, caddi....
     
      Stanco, sfinito, anelante, il maestro Albani tacque un istante. Anastasio Natali non gli diè tempo di prender fiato:
      - E poi?... e poi?...
      - Poi, niente.... un gran vuoto nero, con qualche sprazzo di luce di tratto in tratto.... Fui portato in una casa di salute.... Capisci? aver sognato di non esser più in terra, di aver varcato le anguste frontiere dentro cui si aggira l'umanità lamentosa, e risvegliarsi paralizzato di corpo e di spirito, incapace di muoversi e di pensare, ridotto un oggetto di compassione o di scherno!


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Documenti umani
di Federico De Roberto
Treves Milano
1888 pagine 229

   





Albani Natali