...» Il grido si perdeva nel silenzio afoso del pomeriggio. «Bianca!... Soccorso!...» Tentò di arrampicarsi sul muro, lacerandosi gli abiti, le mani, la faccia. A mezz'altezza, cadde. «Bianca!...» Ebbe ancora la forza di sollevarsi, si avventò di nuovo contro la porticina, vi dette su la testa....
Roberto Berni si era alzato di scatto. I ricordi si succedevano così vivi come se la scena si svolgesse in quello stesso momento. Tutta l'oppressione dei giorni tramontati si rinnovava, da togliergli il respiro, da costringerlo a schiudere la finestra in cerca d'aria....
Così l'aveva perduta! Il domani della separazione fatale, destandosi a casa sua dove il cocchiere lo aveva trasportato fuori dei sensi, un altro telegramma dalla stazione di Bardonecchia gli ripeteva l'ultima sua parola: «Addio!...» E poi, delle lettere rare, ad intervalli sempre più lunghi, ed il tormento di non poterle scrivere, di non poterle far pervenire nulla che le parlasse di lui.... E poi, un silenzio di lunghi e lunghi mesi; e poi, una sera al Circolo, l'annunzio brutale letto nelle Nouvelles et Echos del Gil Blas, fra uno scandalo parigino e la réclame di un nuovo romanzo. «Nous venons d'apprendre la mort de M.me Bianca des Fayolles, la femme de M. le comte Léopold des Fayolles, dêcédée à son château de Bretagne des suites d'une maladie de coeur»....
Malgrado sapesse a memoria quelle poche parole, Roberto Berni s'avvicinò di nuovo al suo tavolo e con mano tremante rovistò nella cassetta. Il Gil Blas era lì, gualcito, bucato, ingiallito nelle pieghe.
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