«Nous venons d'apprendre....» e come lesse il suo nome, il nome di Bianca, il nome della sua Bianca morta e adorata, scoppiò in pianto dirotto. Con labbra convulse, amaramente e disperatamente, egli chiamava: Bianca! Bianca! Bianca!... e baciava le sue lettere su cui le lacrime cadevano, grosse e roventi. Ora l'imagine di lei non si stampava più sul ritratto di sua moglie, e lo sguardo di costei tornava a fissarsi sereno come prima sul suo. Che cosa voleva? Che cosa pretendeva? Non sapeva che quello era stato il suo amore, il suo primo, il suo grande amore? Era gelosa della morta? Di che cosa era gelosa, se lo aveva tutto per sè? Se qualcuno doveva essere geloso, era la sua povera morta dimenticata, era la sua povera morta sulla cui tomba egli non si era inginocchiato, non aveva pregato, non aveva portato un sol fiore!... No, egli non se n'era scordato!... Il tempo aveva rimarginata la piaga, ma essa ora si riapriva e il sangue ne grondava!... La vita aveva potuto riprenderlo, distrarlo, creargli altre cure; ma la miglior parte di sè era sepolta con lei!... Un'altra donna aveva potuto sorridergli, amarlo e farsi amare; ma il ricordo di Bianca, della sua morta, viveva ancora in lui, sarebbe sempre vissuto, puro, ideale, immortale come una religione. . . . . . .
Il fruscìo d'una veste. La signora Berni, avvolta in una mantiglia luccicante di jais, le mani nascoste nel manicotto, il cappellino ancora in testa, si avanzava verso il marito, affrettando il suo piccolo passo.
- Roberto, Roberto, hai tu trovato?
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