Così è dei giudizii nostri. Per la doppia influenza del temperamento iniziale e dell'educazione acquisita, il modo di vedere di ogni uomo è, a proposito di tutto, nel mondo fisico e nel morale, più o meno diverso da quello di ogni altro uomo; quando poi l'interesse personale è in giuoco, il dissidio diventa ancora più grande.
Nella pratica della vita, per le necessità stesse del consorzio sociale, l'accordo sembra farsi sotto la vernice dell'ipocrisia, o si fa realmente, qualche rara volta, per lo spirito di sacrificio; accade però spesso, quando gli interessi impegnati sono troppo forti, che il contrasto scoppii violentemente, e nulla è più curioso, per l'osservatore spassionato, della ingenuità con la quale da ciascuna parte si crede di essere solamente ed interamente nel giusto.
Ridotta ad una espressione rigorosa e si potrebbe quasi dire scientifica, questa era la tesi che la signora Auriti sviluppava, con le incertezze e le ripetizioni inevitabili della conversazione, dinanzi ad Eugenio Darsi, e che trovava invece in costui un avversario deciso.
I due erano soli nel grazioso salottino giapponese dove la signora Auriti riceveva le sue visite; un silenzio assoluto regnava in quell'estremità dell'antico palazzo prospettante in una via erta e solitaria; e la conversazione, iniziata sopra un futile soggetto, l'approssimarsi della stagione dei bagni, era caduta sulle cose del sentimento.
Caduta non è forse la parola conveniente; poichè il Darsi, attraversando, nei suoi rapporti con la signora Auriti, quel periodo pericoloso in cui il secreto e vago desiderio che ogni uomo prova in presenza della donna sia pure la più rispettata, comincia, date certe circostanze, ad ingigantire e quindi a manifestarsi, aveva egli stesso preparata la via a più intime espansioni.
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