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      Da una parte e dall'altra il filo che mi legava ad esseri viventi si è rotto; quelli che sorressero i miei primi passi, quelli ancora i cui primi passi io sorressi, chiusero gli occhi al sorriso del sole. E intorno a me ogni altra vita si è spenta: i miei fratelli, compagni della mia fanciullezza; la donna che io elessi fra tutte, la madre dei miei figli; i miei amici, fratelli del cuore; tutti, tutti scomparsi.
      Nei giorni remoti della gioventù, tra il primo agitarsi della attività dello spirito, alzando gli occhi lontano, sulle alture della maturità; più lontano, più lontano ancora, sulle vette della vecchiezza, io mi domandavo quali meraviglie si sarebbero offerte all'avido sguardo, quali infiniti orizzonti mi si sarebbero dischiusi, che fantastici miraggi avrebbero popolato gli spazii. A quelle alture lontane io pervenni; più su, alle ultime cime che parevano inaccessibili la rapida età mi ha innalzato più presto che dal piano l'occhio inesperto non giudicasse; e appena se sopra tanta altezza il sole getta i suoi ultimi raggi. Su per l'erta faticosa, che cosa ho veduto? Io ho veduto i miei compagni cadere. A quando a quando, fra l'una e l'altra dipartita, un panorama più vasto ma più confuso mi si è presentato dinanzi: il vento, la pioggia, le nebbie, le nevi hanno più spesso distratta la mia ammirazione.
      Sull'eccelsa vetta ove son giunto, un freddo polare agghiaccia il mio sangue, il disco del sole già rasenta l'orizzonte, e l'ombra livellatrice invade la sottoposta pianura.


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Documenti umani
di Federico De Roberto
Treves Milano
1888 pagine 229