Allora si sentiva il silenzio solenne della campagna assopita sotto il sole declinante, mentre l'azzurro del cielo leggermente velato pareva l'immensa evaporazione del mare e le vele latine si tingevano di porpora.
Con la fronte sulla palma della mano, Franz von Rödrich lasciava annegare i suoi sguardi negli spazii profondi, e un brivido gli serpeggiò pel corpo quando gli amici si volsero a lui, strappandolo un po' bruscamente alla sua deliziosa rêverie.
- Franz, tu sei ammutolito?
- Non ci racconti la tua?
- Che cosa volete che io vi racconti? - rispose egli, con lo sguardo un po' smarrito pel contrasto della chiara luce diffusa al largo e la penombra della stanza, dalla quale il sole si era già ritirato. - Per cercare che io faccia, non mi riesce di trovare in fondo alla mia memoria nessun fatto che sia degno di interessarvi come i vostri hanno interessato me. I casi più notevoli che mi sono capitati sono di quelli che, con parola espressiva, si chiamano fiaschi. Ora, i fiaschi è meglio vuotarli che raccontarli! - e nel ripetere il volgare doppio senso v'era qualcosa d'amaro nell'espressione della sua fisonomia.
- Egli è che voi ne avete già vuotati parecchi - osservò Ludwig Kopfliche, che non beveva quasi vino - e sarebbe prudente di cambiar sistema!
- Conciliamo! conciliamo! - rispose Fritz Eisenstein porgendo un bicchiere a Franz von Rödrich. - Vuota prima... Ora racconta!
- Volete? E sia! Ma non vi stupirete se nel mio racconto non v'è molto nesso?... Io lascierò che i ricordi si svolgano da loro; e se vi annoio, siamo intesi? la colpa è vostra.
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