Ma quel maledetto uscio sonò un poco, e zio disse: "Chi è?" Fatto ardito dalla paura, inventai una bugiella, e infilai l'altro uscio piano piano che non si sentiva un et. Il maestro, uso a pazienza, sentito o no, mi fece andar via, e non fiatò. Quando mi vidi nella stanza da letto, mi venne un riso sul labbro, e mi fregai le mani e le scarpe mi caddero a terra, e fecero uno strepito, che mi cacciò il riso nella strozza. Eccomi in cucina, e lí mi fermai in punta di piedi, orecchiando, e mi feci un segno di croce, come per implorare l'assistenza di Dio. Mi affaccio nell'ultima stanza, e quelle panelle, fumigavano ancora, e me ne veniva l'odore alle narici. Stesi la mano, e la ritirai subito pensando a Rachele che mi potesse vedere. E mi volsi verso l'alcova, e vidi che stava tutta accoccolata, dormendo forte. Mi venne un'idea, di vedere com'era fatta la donna, ma la cacciai subito, e mi feci un gran segno di croce, come per scongiurare il demonio. Poi camminando in punta di piedi, pallido, sconvolto, stesi la mano alla cesta, ma la mano mi tremava e non voleva prendere la panelle. Stavo sempre sotto agli occhi di Rachele, e la paura di Rachele mi fece sollecito, e afferrai la panelle e me la misi in seno, e corsi difilato rifacendo la via, e mi sentivi fischiare nell'orecchio: "Al ladro, al ladro!" Giunsi in mezzo ai compagni cosí brutto che pensarono non fossi riuscito; quand'io mi cacciai di sotto la panelle. Saltarono, gridarono, batterono le mani, mi applaudirono, e in quel fragore io mi ripigliai e mi mangiai la mia parte.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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Dio Rachele Rachele Rachele Giunsi
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