Un uomo di qualche dottrina cominciava la sua carriera aprendo una scuola. I seminarii erano scuole di latino e di filosofia. Le scuole del governo erano affidate a frati. La forma dell'insegnamento era ancora scolastica. Rettorica e filosofia erano scritte in quel latino convenzionale ch'era proprio degli scolastici. Le scienze vi erano trascurate, e anche la lingua nazionale. Nondimeno un po' di secolo decimottavo era pur penetrato tra quelle tenebre teologiche, e con curioso innesto, vedevi andare a braccetto il sensismo e lo scolasticismo.
Nelle scuole di Napoli c'era maggior progresso negli studi. Il latino passava di moda; si scriveva di cose scolastiche in un italiano scorretto, ma chiaro e facile. Gli autori erano quasi tutti abati, come l'abate Genovesi, il padre Soave, l'abate Troisi. Allora era in molta voga l'abate Fazzini. Questo prete elegante che aveva smesso sottana e collare, e vestiva in abito e cravatta nera, era un sensista del secolo passato, ma pretendeva conciliare quelle dottrine coi principii religiosi. Molto si dimenava contro le idee innate e le armonie prestabilite, e conchiudeva spesso: "Niente è nell'intelletto che non sia stato nei sensi". Ma insieme si affaticava molto a dimostrare l'esistenza di Dio, l'immortalità dell'anima e la rivelazione. Come si conciliava tutto questo, non so; ma il suo parlare era brillante e persuasivo e ci bevevamo tutto. Io assisteva a quelle lezioni con infinito gusto, e talora non dormiva contando le ore, impaziente di trovarmi in quella scuola.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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