La stanza era molto piú lunga che larga, e ci entravano circa quattrocento giovani. Di prospetto era una tribuna bassa, dalla quale si vedeva a mezzo il vivace ometto. Io stava in prima fila e non perdeva una sillaba. Poi a casa prendeva il testo, ch'era la Logica e la Metafisica dell'abate Troisi; e non mi fermavo lí alla lezione; ma correvo correvo, divorato dalla curiosità di sapere quello che veniva appresso. In breve, la mia testa fu piena di argomenti, di teoremi, di problemi, di scolii e di corollarii, di sillogismi, entimemi, e dilemmi; e divenni un formidabile e seccantissimo disputatore. Non parlavo di altro che di Dio e di anima e di religione naturale e rivelata libri filosofici dello zio erano scolastici, come Storchenau, Corsini; c'era anche una metafisica latina di Genovesi, c'era un San Tommaso, un Sant'Agostino, libri tarlati e con la muffa. Di latino non sapevo tanto ch'io potessi leggere senza fatica; perciò tutto quel latino mi seccava; e mi sentivo pur nelle ossa non so che smania di nuovo e di moderno.
Corsi alla biblioteca e mi ci seppellii. Passavano dinanzi a me come una fantasmagoria Locke, Condillac, Tracy, Elvezio, Bonnet, Lamettrie. Prima leggevo a perdita di fiato; poi visto che ne cavavo poco, mi misi a copiare, a compendiare, a postillare. Mi ricordo ancora quella statua di Bonnet, che a poco a poco per mezzo dei sensi acquistava tutte le conoscenze. Quel Bonnet me lo trascrissi quasi per intero. Se un uomo intelligente mi avesse guidato in quei lavori!
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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