C'era tra gli altri un tal Fortunato, che aveva una grande riputazione nella compagnia, e faceva da sopracciò. A me era antipatico con quella sua aria di superiorità; e lui che se n'era avvisto, mi punzecchiava e mi provocava. Una sera si vantava gran repubblicano; e io per fargli dispetto mi vantai gran realista. Grandi argomentazioni da l'una parte e dall'altra, non poté ridurmi al silenzio. Allora in aria di sfida disse che la disputa si facesse in iscritto. Accettai. Scrissi uno zibaldone; ma i compagni ai quali era affidato il giudizio, non vollero sentenziare e lasciarono dubbia la vittoria. Un'altra sera si accese la disputa intorno all'immortalità dell'anima. Egli la negava; io l'affermava, e mi scaldava e alzava la voce, e lui cosí contraddetto mi scaricò un pugno sulla spalla, e io lo guardai fiso, e gli dissi con l'aria di un antico: "Batti, ma ascolta". Si venne allo scrivere. Egli aveva maggior libertà di spirito, e gittava per terra tutte le credenze, e diceva la sua con un fare incisivo che ti chiudeva la bocca. Ora che ci penso, doveva avere un gran talento colui; ma non l'ho seguito nella vita, e non ricordo il suo cognome. Egli gittando lo sguardo nella filosofia corrente, trovava inconciliabile il sensismo coi principio religiosi, e ripeteva spesso: "Chi ha veduto l'anima nell'altro mondo?" E io pensava a D. Domenico Cicirelli. In verità, quella conciliazione pareva anche a me forzata; ed era chiaro che già si avvicinava il tempo in cui il sensismo male accordato col movimento religioso del secolo dovea cedere il passo a nuova filosofia.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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Fortunato Domenico Cicirelli
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