Questo vagamente mi si girava pel capo, e vedendo citare al mio avversario David Hume, e Smith, e la scuola scozzese, e un pochino anche Kant, vedevo fra le tenebre lampi, e venivo in dubbio di me stesso. Pure, aguzzato l'ingegno dall'amor proprio, scrissi una dissertazione che parve meravigliosa per sottigliezza di argomenti, e per copia di citazioni, frutto della mia immensa lettura. Il mio stesso avversario, che aveva leggicchiato gli autori piú moderni, rimase sbalordito a sentirmi citare Bayle, Leibnizio e cotali altri, di cui appena egli conosceva i nomi. Terminavo la mia lettura con l'aria gioiosa del trionfatore, visto che i miei compagni stavano lí lí per battere le mani; quando il mio avversario, vista la parata, prese il davanti, e mi disse: "Ma bravo! Si vede che avete molto letto; fo i miei complimenti". Questo disse con un tal piglio freddo di maestro che mi facesse un incoraggiamento. Questo sussiego mi spiacque, mancarono gli applausi, rimasi freddo e mi tenni mal vendicato del pugno avuto.
Si annunziava al mio spirito un nuovo orizzonte filosofico; mi bollivano in capo nuovi libri e nuovi studi. Si apparecchiavano i tempi di Pasquale Galluppi e dell'abate Ottavio Colecchi, dei quali l'uno volgarizzava David Hume e Adamo Smith, e l'altro ch'era per giunta un gran matematico, volgarizzava Emanuele Kant. Lorenzo Fazzini era caduto di moda, tanto che per svecchiarsi aveva aggiunto al suo corso certe lezioni di economia politica, date dal suo piccolo fratello Antonio, giovane di grandi speranze, morto indi a poco, che primo fece conoscere a Napoli il Trattato del Rossi.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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