Quel prete che diceva messa mi spirava divozione; guardavo con occhio amico quelle sottane lunghe e nere con quei berretti quadrati, e fino quel padre gesuita che disapprovò il mio latino, mi venne alla memoria e mi parve amabile nella sua severità. Finalmente, stanco di quel fantasticare, andai via, pensando che il mio nome era Francesco Saverio, quel Santo che fu Apostolo dell'Indie e decoro della compagnia di Gesú.
Andavo per via piú tranquillo, riconciliato con me stesso, pure non ben sicuro di aver fatto la mia pace con Dio, e mi promettevo di tornare colà a sentir messa il dí appresso. Continuando il cammino col vago disegno di andare fino all'Università, giunto alla svolta di San Sebastiano, mi voltai anch'io, e distratto e pensoso mi trovai in casa del marchese Puoti. Seppi ch'era tornato, e mi venne un batticuore, e salivo lentamente le scale come per pigliar tempo, non osando sapere da lui quello che pur tanto desideravo sapere; ma il timore era piú forte del desiderio. Giunsi ch'era già in camera tra un cerchio di giovani e diceva le sue impressioni. Io rimasi cosí sull'uscio, mezzo nascosto, e il marchese continuava con vivacità di parola e di gesto, con grandi atti pazienti di Gaetano che gli faceva la barba. "Il canonico Lucignani, - diceva lui, - ha fatto solo qualche cosa che valga; nella sua lezione c'era un passaggio felicissimo, e una bella interpretazione di un luogo di Quintiliano: gli altri hanno armeggiato". Quell'armeggiato mi sonò nell'orecchio come la sentenza oscura della Sibilla.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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