Quanti libri di zoologia, di chimica, di geologia, di medicina mi venivano in mano, tanti ne divoravo. Le mie letture erano come di romanzi, senza serietà di fine e di studio, tirato da piacere e da curiosità. Storia naturale, fisiologia, patologia mi attiravano molto; vedevo aprirsi allo sguardo mondi ignoti e inesplorati. Zio Pietro ci parlava spesso del suo maestro Nicola d'Andria e di Cotugno e di Bufalini e di stimolo e di controstimolo. Ci parlava di tempi nei quali si curava, con buoni arrosti e con buon vino, sul fondamento che ciascuna malattia provenisse da debolezza. Poi combatteva questa dottrina, e parlava di lenitivi e di emollienti e rilassanti, di purghe e di salassi, accompagnati con l'inevitabile digiuno, visto che ciascuna malattia proviene da infiammazione. Sentivo zio Pietro a bocca aperta; quelle metafisicherie mi facevano gola, e aguzzavano in me l'appetito di nuove letture. Qualche ora del giorno si passava a studiar greco col Margaris, e latino col Rodinò. A casa trovavano puntualmente il maestro Cinque, un bassotto sbarbato e guantato; ed ecco sonare, cantare, ballare. Oh! l'era una bella vita. Io c'ero tutto dentro, fantasticando, meditando, leggendo, quando il caso dello zio Carlo mi chiamò alla triste realtà. Tutti gli studi furono interrotti. Ogni allegria finí. Quegli squarci di cielo azzurro che ridevano alla mia anima si copersero di nuvole. Il presente era triste, l'avvenire divenne oscuro.
Zio Pietro dispose che Giovannino andasse a fare la sua pratica presso il Padovano, un riputato avvocato commerciale.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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