La scuola non mi rendeva nulla; ché zio Pietro intascava tutto. Spesso mi mancava il necessario per comparire innanzi alla gente, ancorché fossi trascuratissimo nel vestire. Mi si porse occasione di una lezione privata in casa del signor Fernandez, spedizioniere di una casa di commercio. Mi davano trenta carlini al mese, che mi parve un tesoro. Andavo lí in gran segreto, per tema che quei trenta carlini non cadessero nelle tasche di zio Pietro. Avevo cosí in pochi mesi accumulate alcune piastre, che mi tenevo carissime e gelosissime. Era il mio secreto, e non ne dissi verbo ad alcuno, neppure a Giovannino. Ma quello scaltro ragazzotto fiutò la cosa e mi tirò il secreto di bocca, e fissava certi occhietti di avvoltoio sulle mie povere piastre. Un dí mi raccontò che aveva parlato con lo Schmücher, e che la cosa era bene avviata, e che fra poco avrei avuto l'impiego. Mi si fece tanto di cuore. Egli mi fe' intendere con una vocina insinuante che gli occorreva un po' di danaro, e teneva gli occhi bassi, cosí tra lo scemo e lo sbadato. Io capii in aria, e volli risparmiargli la vergogna del domandare e me gli offrii prontissimo. Egli adunghiò quelle amate piastre con un sorrisetto, promettendo la restituzione fra pochi dí, e facendomi balenare sempre innanzi l'impiego. Tutto a un tratto scomparve. Che è? che non è? Nessuno l'ha visto; nessuno sa la sua casa. Ecco un dí venire un suo zio, credo un commissario di guerra, che voleva sapere degli studi e della condotta del suo caro Francesco.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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