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      Io non voleva. Divenni sospettoso, immaginavo le cose piú assurde a mio danno, e fin d'allora mi sentii solo. Ripensandoci su, vedo che quella concitazione di nervi, quell'umor nero e pieno di sospetti e di fantasmi, avea la sua origine da fanciullaggini. Ma tant'è. Il fanciullo mette nelle sue piccole quistioni quella serietà e quella passione che l'uomo mette nelle cose grandi. Io mi tenevo già un uomo, e non ero che un fanciullo. La natura non mi avea concesso né garbo, né malizia. Parlavo di prima impressione, e mi usciva tutto di bocca; poi mi pentivo, e mi promettevo maggior attenzione, per tornar sempre da capo. Guardavo in me; non guardavo nelle intenzioni e nelle malizie altrui, ed ero come un uomo posto in cosí mala luce, che scopre sé e non vede gli altri.
     
     
      Capitolo undecimoSOLO
     
      Stavo cosí isolato in mezzo alla famiglia, con l'animo altrove. La mia vita era giorno per giorno, senza disegno, senza avvenire e senza studi. Dell'insegnare m'ero annoiato; pur facevo puntualmente il mio dovere, ma come si fa un mestiere. Le famiglie, vedendo continuare la malattia dello zio, e non confidando in un giovinetto che aveva egli stesso bisogno di scuola, menavano via i loro figli. Si fiutava poco lontana una catastrofe. Le difficoltà della vita inasprivano i caratteri. Io era come uccello che ha messe le prime piume, e sta per prendere il volo. Quella casa dove mi sentivo poco amato, mi pareva una prigione. Quando mi vedea in istrada, mi si schiariva la faccia, mi sentivo il respiro piú libero.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249