Una sera, non so come, gli tornò in mente quel frate suo favorito, e volle, come nei primi tempi, si leggessero alcune sue Vite. Fu data lettura di alcuni capitoli del sant'Antonio abate, e delle Vite di sant'Eugenia e di santo Abraam romito. Se i trecentisti fanno "spensare", come diceva Alfieri, certo è che la loro lettura svegliava gli spiriti piú sonnolenti, e vi suscitava immagini, colori, affetti. Nessun libro moderno trovava tanto la via del mio cuore nessuno aveva quella sincerità e caldezza di sentimento, accompagnata con l'unzione e l'ingenuità del credente. La mia schiettezza quasi ancora fanciullesca, la mia perfetta buona fede, la mia facilità all'entusiasmo mi rendevano atto a cogliere le piú delicate gradazioni di quei sentimenti. Mi ricordo anche oggi il tumulto che suscitò nel mio animo la lettura della vita di sant'Alessio; anche oggi mi tocca il core il grido della madre: "Fatemi loco, ch'io vegga quello che ha succhiato le mammelle mie"; e mi sdegno con lei contro i servi che "gli davano le guanciate". Questi modi di dire non li ho dimenticati piú; ma mi è uscito di memoria tutto quel frasario convenzionale, che piaceva alla scuola, e che fu raccolto con tanta pena nei miei quaderni. Quel sant'Alessio non mi lasciò piú, mi correva appresso dove ch'io fossi. Una sera mi sentivo cosí tristo, che non volli uscire di casa insieme coi miei cugini, che passavano la serata presso zia Marianna. E sempre quel sant'Alessio mi stava innanzi, e pensai di scrivere una tragedia sopra questo argomento.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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