Non mi ricordo come ci vedemmo e conoscemmo; fatto è che nacque tra noi quella rara comunione di anime, che non si rompe se non per morte. A me parevano molto esagerate le sue opinioni; ma quella sua bontà e sincerità mi vinceva, e in quelle sue stesse esagerazioni trovavo una grandezza morale e una caldezza di patriottismo, che mi destavano ammirazione. Andavo spesso in casa sua, e mi ci sentivo piú tranquillo, piú disposto al lavoro; gli parlavo de' miei studi, del marchese Puoti. Egli aveva poca inclinazione alle cose letterarie; quella lingua ferrea di Vico gli piaceva piú che tutti i lisci e gli ornamenti; non capiva a che fosse buona la poesia. Pure la mia coltura letteraria, la mia varia erudizione, la sincerità delle mie opinioni e de' miei sentimenti, la vivacità dell'ingegno e della parola me lo tenevano legato. In certi momenti che avevo nel core qualche puntura, mi sentivo alleggerire sfogandomi con lui. Presto divenne il mio amico intimo e confidente. Gli volevo leggere la mia tragedia; ma non osai, sapendo in quanto dispregio avesse poeti, frati e Santi. Era in lui piú virilità che tenerezza; io capivo istintivamente che non potea piacergli quel lirismo sentimentale di sant'Alessio. "Non so che gusto ci è a leggere questi frati Guido e frati Cavalca", mi disse una volta. La differenza di opinioni e di caratteri generava calde discussioni che stringevano ancora piú la nostra amicizia.
Intanto Giacomo Leopardi era giunto tra noi. Avevo una notizia confusa delle sue opere.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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Puoti Vico Santi Alessio Guido Cavalca Giacomo Leopardi
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