Signorino, cosa avete? voi mi sembrate uno spirito
. "Vado a letto, - diss'io, - e dammi un buon bicchiere di vino, ché la polvere m'ha asciugato la gola". La mattina lasciai Avellino senza vedere alcuno, con l'aria di un fuggitivo. Prima la via era buona, e io caracollava con un frustino in mano e in aria di bravo, su di una mula. Mi veniva appresso, correndo, il contadino che m'accompagnava. Era innanzi l'alba, e il freddo avuto mi dava un tremolio, specie per le vie umide di Atripalda. Col levarsi del sole la via si faceva sempre piú sassosa e ripida, e la mula spaventata e poltra dava salti, tirava calci, chinava le gambe e il collo, e io mi aggrappavo sulla sella per tenermi saldo. Il contadino andava stuzzicando la bestia, e la pigliava per la coda e la bastonava di santa ragione, imbestialito anche lui, e le due bestie parevano congiurate a farmi cascare. Spesso il cappello rimaneva imbrogliato tra le spine, e talora davo di fronte in qualche albero. La strada era cosí brutta, che in parecchi punti aveva l'aspetto di un vero precipizio, stretta stretta, sdrucciolevole, aperta ai fianchi, di una altezza che mi dava le vertigini, e io gridavo che volevo calare, e il contadino bestia dava dei pugni alla mula. Avevo smesso quell'aria di bravo cavaliere, e mi rodevo tra la stizza e la paura, col capo dimesso, assetato, affamato, dissossato. Giunsi alla famosa taverna di Santa Lucia, e il cuore mi si allargò, come vedessi Gerusalemme. Mi aiutarono a scendere, ché ero intirizzito e non mi potevano le gambe.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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Avellino Atripalda Santa Lucia Gerusalemme
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