Ed era un motto vero. Io peccavo per eccesso, volendo accentuare tutto e imitare tutto, suoni, immagini, idee. Consalvo mi fece dimenticare Ugolino. Lo andavo declamando anche per via, e parevo fin ebbro, come Colombo per le vie di Madrid, quando pensava al nuovo mondo. Lo declamavo in tutte le occasioni, e mi c'intenerivo. Sovente lo declamai in casa Fernandez, e mi ricordo che, per un delicato riguardo alle signorine, dove il poeta diceva "bacio", io mettevo "guardo".
Poco poi seppi che il gran poeta era morto. Come, quando, dove non si sapeva. Pareva che un'ombra oscura lo avvolgesse e ce lo rubasse alla vista. Le immaginazioni, percosse da tante morti, poco rimasero impressionate da quella morte misteriosa.
Capitolo tredicesimoZIO CARLO E ZIO PEPPE
Il colera aveva ripreso con piú di vigore. Ma avevo ben altro in capo. Lo stato della famiglia mi teneva tutto tirato a sé. C'era speranza che zio Carlo guarisse interamente con la stufa ai piedi, come diceva il medico; ma intanto una gran tristezza lo aveva preso, e stava tutto il dí taciturno. Teneva corrispondenza epistolare una volta per settimana con zio Peppe, ch'era in paese e governava la famiglia. Zio Carlo, veggendosi in grandi strettezze, sfogava il suo mal umore con zio Peppe, e gli chiedeva non belle frasi di condoglianza, ma soccorso di danaro. Zio Pietro chiedeva la sua parte, scrivendo: "Non posso resistere al clamore dei miei figli, ai quali manca il bisognevole". Zio Peppe s'ingegnava alla meglio, e mandava prosciutti e caciocavalli.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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