Pagina (92/249)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma ci voleva altro a calmare quei clamori! Il bisogno era grande. Cominciarono le ire e le recriminazioni, cattive compagne dei cattivi giorni. Le ire si volgevano contro il babbo, che aveva fatto un debito garantito da zio Carlo, e che non badava ai fatti di casa, e che si mangiava la porzione sua e di zio Pietro. E se la pigliavano pure con me, che m'ero incocciato ad abitare con Enrico Amante. In fondo era una lotta tra le due famiglie, quella di Napoli e quella di Morra, sostenuta e capitanata dai due preti, quello di Morra e quello di Napoli. A me dicevano plagas del babbo, e di me scrivevano plagas a zio Peppe: "Che io faceva lo zio monaco, e stavo sempre mutolo, ed ero l'uomo del mistero, un fanatico sofistico, un testardo". Zio Peppe mi scriveva lettere agrodolci, e che dovevo essere piú buono, e fare a modo dello zio Carlo, e non lasciar la casa, e non essere avaro dei miei guadagni verso la famiglia. Io, presupponendo donde venissero le accuse, mi chiudevo ancora piú in me, e non dicevo verbo, e non mi lasciavo scorgere, con gli occhi a terra e il muso duro, ciò che imbestialiva gli zii. Scrivevo poi a zio Peppe col tuono di un imperatore. A quel tempo avevo piena fede in me, e perché guadagnavo già di bei quattrini, mi pareva essere un re; mi pareva che bastasse battere i piedi a terra per farne uscir danaro. E scrivevo non aver bisogno di alcuno, e bastare a me io, ed esser buono anche per gli altri. Quest'aria di gradasso non dispiaceva a zio Peppe, un po' gradasso anche lui, che fra tante tenebre vedeva in me un raggio di luce.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Carlo Pietro Enrico Amante Napoli Morra Morra Napoli Peppe Peppe Carlo Peppe Peppe