Arrivammo in tre nella sala. Il marchese parlò una mezz'ora cosí a braccia, come gli veniva, e gli veniva sempre bene, perché parlava con abbondanza di cuore, senza frasi e senza affettazione. Fu applauditissimo. Poi venni io, e con voce tremula lessi non so quanti periodi sulla grammatica e sulla lingua. Il marchese mi faceva animo coi suoi "bene!", e anche i giovani mi battevano le mani per incoraggiarmi, e piú di tutti il mio leccese, che mi confuse poi di complimenti. Cosí cominciò la scuola preparatoria, che doveva condurre a quella del marchese Puoti.
Si dice che le sventure non vengono mai sole. Simile può dirsi delle fortune. Vi sono certi tempi nei quali i casi fortunati si succedono come le ciliege, e sembra che domini una buona stella. Appunto in quel momento critico della vita mi rise la mia stella. Il marchese mi presentò al duca di Sangro come suo collaboratore. Era un bravo gentiluomo del vecchio stampo, di modi cortesissimi, e leale sotto apparenze diplomatiche. Presi a dar lezione ai due suoi figliuoli, Nicolino e Placido, cari giovanetti. Placido mostrava maggiore ingegno e studiava piú, e io me ne promettevo molto bene. Il marchese si trovava allora nel piú alto della sua fortuna; aveva stretta amicizia col principe Filangieri, potentissimo in corte. Re Ferdinando mostrava di volersi riconciliare coi pennaruli. Le nomine di Mazzetti, di Galluppi, di Nicolini fecero buon effetto sulla pubblica opinione, e piú ancora la nomina del marchese Puoti a ispettore degli studi nel Real Collegio Militare. il partito dell'oscurantismo accennava a voler cadere, quantunque, mandato via monsignor Colangelo, gli rimanessero valido appoggio presso al re, Cocle e Delcarretto.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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