Strettamente la ragione era sua: tu bevi il caffè, lascia leggere me. Nella mia vita ci è stato sempre questo, che non ho mai osato di oppormi deliberatamente a cosa che in fondo la mia coscienza dichiarava ragionevole. Quel mostrare di aver ragione, quell'alzar la voce e volere imporsi, quel dire sí quando la coscienza dice no, il presumere e il pretendere non mi è andato mai ai versi. Quel prendere il giornale di sul tavolo dov'era quel signore, mi era parsa una gherminella, e al suono di quel "Pardon" mi venne il rosso fino sulla fronte. Il messere squardernò il giornale, inforcò due occhiali verdi, si prese una grossa "pizzicata" di tabacco, si pose il giornale sotto il naso, e andava dimenando il capo da destra a sinistra e da sinistra a destra. Io credevo che per delicatezza dovesse far presto, sapendo ch'ero lettore anch'io, e che stavo lí aspettando il suo comodo. Guardavo, cosí, distratto, ma l'occhio ansioso lo spiava, e quel lento movere del capo mi pareva eterno. Per farlo venire in sé, guardai piú volte l'orologio, e una volta dissi a mezza voce: "Diavolo! sono già le dieci e mezzo". Fiato sprecato. Quel galantuomo prese una "pizzicata" di tabacco, e io cacciai fuori uno sbadiglio. Ecco il mio uomo entrare in conversazione. Io stendo la mano e dico: "Pardon", e cerco di pigliare il giornale; ma lui, piú lesto di me, disse: "Pardon", e ci ricadde sopra col naso. Gran Dio! era uno sfinimento. Si avvicinavano le undici, ora in cui solevo terminare le letture e avviarmi al palazzo Sangro.
| |
La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
|
|
Dio Sangro
|