Erano alla moda pettegolezzi letterari; cominciavano a uscir fuori "Omnibus", "Poliorami" e "Strenne"; le menti costrette in piccol cerchio impiccolivano e pettegoleggiavano. Si chiacchierava ancora molto di musica. Bellini morto, era piú vivo che prima. Era il tempo di Lablache e della Malibran. San Carlo era nel suo pieno fiore; la Norma aveva voltato i cervelli i motivi li sentivi canticchiare per tutte le vie. In mezzo a queste ebbrezze musicali e letterarie io ero una stonatura; e mi piantavano lí con Thiers e Guizot, sicché finii con ruminarli io tutto solo. La mia vita intellettuale si compendiava nel caffè del Gigante e nella scuola al vico Bisi. Sembravo un estraneo alla società, che mi respingeva da sé con un'alzata di spalle. Io passava per le vie, pensando alla scuola o al caffè, e m'era dolce naufragare in quel piccolo mondo, ch'era il mio "Infinito".
Capitolo sedicesimoLA SCUOLA AL VICO BISI
Chi sa perché questo vicolo fu chiamato Bisi? Oggi lo chiamano vico Nilo, ed è un termine piú presentabile. Del resto, esso era degno di quel nome. C'era lí da impiccarsi per malinconia. Figurarsi un vicolo stretto stretto, con case altissime, che pare ti si congiungano sul capo e ti rubino la vista del cielo. Là, in una gran sala oscura, s'impiantò la scuola nel modo piú semplice: un tavolino nudo, non netto di macchie d'inchiostro; un discreto numero di sedie piú o meno impagliate, e lunghe file di panche. Le mura bianche e nude mi recavano alla mente il mio stanzone da studio.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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