Pagina (134/249)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
     
     
      Capitolo diciannovesimoMALATTIE REALI E IMMAGINARIE
     
      In questo primo anno della mia scuola mi giunse notizia che la divisione nella famiglia era compiuta. Papà, sempre un po' poeta, avea scelto quella parte della casa ch'era in uno stato meno buono, perché col tempo era possibile allargarsi da quel lato e farsi una casa bella. Cosí con la poesia dell'avvenire si consolava della miseria presente. Intanto ci si stava alle strette, e bisognò farsi l'uscita da un'altra strada, fabbricare e lasciare a mezzo la fabbrica, dove gli altri, col loro pensiero prosaico, ebbero la casa bella e fatta, senza spesa e senza ansietà del domani. Questo fu il frutto della poesia. I due zii s'erano divisi secondo le loro inclinazioni; zio Carlo stava con gli altri, e zio Peppe con noi. Il cugino Aniello era in Avellino a studio; poco poi rimpatriò e studiava medicina col padre. Paolino mio fratello era in seminario. Gli altri fratelli rimasero in casa sotto la disciplina di zio Peppe. Vito si trovava con me ch'era un pezzo. Io non potea troppo avergli l'occhio sopra; e poi era già grandicello, e pretendevo che facesse da sé, prendendo me per esempio. Ma parve ch'egli incappasse in mala compagnia, e di questo me ne veniva qualche sentore, e gliene volevo male, e gli facevo lunghe paternali. Ma vedendo le cose sempre sullo stesso andare, me ne stancai e non gli parlavo piú. Quel mio silenzio mi pareva gli fosse freno, e invece gli fu sprone. Quel vedersi trattato con indifferenza e non parlato e messo lí come un cencio, mi sembrava il maggior castigo che potessi dargli, e che gli fosse coltello al cuore.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





Carlo Peppe Aniello Avellino Peppe