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      Da questo grottesco intermezzo mi vennero a togliere alcuni amici che mi menarono seco loro a desinare. Da quel tempo, per non trovarmi faccia a faccia con la mia bella statua di gesso, usai le ore vespertine a girare per quei dintorni. Le camminate lunghe, l'allegra compagnia, l'aria pura, il riposo, le distrazioni mi ebbero in poco di tempo rifatto il corpo e lo spirito, tanto che, al partire di colà, osai dare alla mia contadinotta un'abbracciata. Consalvo me lo perdoni.
     
     
      Capitolo ventesimoIMPRESSIONI POLITICHE. ZIO PEPPE
     
      Ripigliai le lezioni con brio. Tutti mi facevano complimenti sulla mia buona cera. Molti furono i nuovi venuti, nessuno m'aveva lasciato, e mi si stringevano intorno con le facce ilari, dove si leggeva la sicurezza di fare una buon'annata. Il primo corso era stato giudicato novissimo, e, al grido, parecchi venivano tirati anche da curiosità. Io mi sentii inetto a ripetermi, e volli dare qualcosa di nuovo. Feci un corso sulla lingua.
      Intanto non avevo intermessa la lettura dei giornali francesi. Stavo qualche ora nel caffè del Gigante. Avevo assistito con grande interesse alla lotta parlamentare tra il conte Molé e la coalizione, dove primeggiavano Guizot e Thiers, collegati di occasione. Quelle giostre oratorie mi rapivano in ammirazione; non sapevo ancora quale era il dietroscena, e quanta vacuità fosse in quegli splendori. Quella coalizione mi pareva una soperchieria e uno scandalo, e, col mio istinto che mi tirava verso i deboli, Molé mi divenne simpatico.


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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249

   





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