Ammirai soprattutto con quanta prontezza d'ingegno volse contro Guizot una frase di Tacito, che questi citava contro di lui; ma poi dimenticai Molé e fui contento di veder ministro il mio Thiers. Costui aveva non so che di mobile e irrequieto nella condotta, piú del brillante che del sodo, ciò che alla mia immaginazione giovanile non dispiaceva. Aspettavo grandi cose da lui; sapevo a memoria moltissimi luoghi dei suoi discorsi limpidi e filati. Mi ricordo fra l'altro questa frase: "Io fo quello che dico, e dico quello che penso". Ci vedevo uno dei miei piú cari ideali, la concordia tra il fare, il dire e il pensare, e m'immaginavo che avrebbe recato ad atto tutte quelle grandi idee di libertà e di riforme, di cui avea piena la bocca. Ma i fatti mi riuscirono di molto inferiori ai discorsi, e, anche discorrendo, il ministro mi pareva inferiore al deputato. Nelle mie passeggiate e nelle chiacchierate intime con gli amici, facevo lo sputa-senno, e pronunziavo con grande sicumera giudizi di giovane focoso e inesperto. Forse nei miei giudizi severi entrava quella non so quale velleità che trascina i giovani in favore dell'opposizione. Non avevo ancora una personalità in quel giudizio delle cose e degli uomini, e mi facevo molto impressionare da quello che dicevano di lui i giornali di mia lettura, il "Siècle" e i "Débats", che gli erano contrari; forse anche la grande aspettazione che avevo di lui gli nocque. Pure, lo accompagnai con qualche simpatia nella sua campagna contro i gesuiti e contro i conventi, e poi nella sua azione diplomatica a sostegno del viceré d'Egitto.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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