Mi fece grande impressione, nella discussione parlamentare intorno ai gesuiti ed ai conventi, un discorso di Berryer, un pezzo oratorio di gran forza, dov'erano descritte con mirabile facondia certe lassitudini della vita, che cercano appagamento nella quiete dei conventi. I deputati lo applaudirono molto, ma conchiusero contro, ciò che a me parve strano. E mi parve anche piú strano quell'antipatico uomo di spirito ch'era il Dupin, il cui discorso mi sembrò cavilloso e curialesco. Queste furono le mie prime sorprese in politica. Ma erano nulla a quelle che vennero poi.
Vidi il Thiers invischiato nella lotta tra egiziani e turchi, e mi pareva ogni dí scoppiasse la guerra. Ma non ne fu niente; Il ministro seppe cosí mal manovrare, che la Francia rimase isolata, e non ebbe animo di affrontare l'Europa per i begli occhi di Mehemet. Io capii poco di quella politica farragginosa, e mi venne, cosí piccino com'ero, il sospetto che facesse apposta cosí, per distrarre i francesi dal programma liberale trombettato da lui. Vedi malizia! E non è la prima volta che gli uomini vedono furberia in ciò che è vanità o inabilità. Per non impiccolire Thiers, il mio beniamino, io lo creava un furbo di tre cotte. Pure, dentro di me era sminuito il suo prestigio. Quella sua caduta precipitosa senza lasciare dietro di sé che velleità e rumore, mi aveva guastato l'idolo. Mi s'ingraziò un poco nell'ultima lotta, quando vidi la mala fede dei suoi avversari, che volevano per forza fare di lui la personificazione della guerra, con quelle solite formole alla francese: "Thiers c'est la guerre, et Guizot c'est la paix". Questi assolutismi non mi entrarono.
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La Giovinezza
Frammento autobiografico
di Francesco De Sanctis
pagine 249 |
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